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Motori di ricerca problematiche giuridiche

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I motori di ricerca svolgono una funzione importante nel mondo dell’informazione, perché “consentono agli utenti di cercare e diffondere informazioni, idee ed altri contenuti, in particolare per acquisire conoscenze, impegnarsi nel dibattito e partecipare ai processi democratici, afferma il Cdm nella “Recommendation on search engines”.

 

I motori di ricerca svolgono una funzione importante nel mondo dell’informazione, perché “consentono agli utenti di cercare e diffondere informazioni, idee ed altri contenuti, in particolare per acquisire conoscenze, impegnarsi nel dibattito e partecipare ai processi democratici, afferma il Cdm nella “Recommendation on search engines”.

Tuttavia, avverte, i motori di ricerca possono costituire una minaccia per i diritti umani; in particolare “la loro pervasività” può ledere il diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali, e “le libertà fondamentali”. Per questo, richiamando lo Statuto del Consiglio d’Europa e alcune sue Convenzioni in materia, i ministri europei hanno chiesto agli Stati membri di impegnarsi con i gestori dei motori di ricerca per “migliorare la trasparenza di accesso alle informazioni”, in particolare i criteri utilizzati per selezionare, classificare e rimuovere i risultati di tale ricerca; invitano i gestori a promuovere “meccanismi trasparenti di auto e co-regolamentazione”, soprattutto per quanto riguarda l'accessibilità a “contenuti dichiarati illeciti da un tribunale o dall'autorità competente, oppure nocivi”.

Ulteriore indicazione del Consiglio d'Europa è quello di “distinguere chiaramente tra risultati della ricerca e forme di comunicazione commerciale” e di aiutare il pubblico ad “operare scelte informate e consapevoli”. In altri termini, ogni utente deve sapere che la cronologia delle sue ricerche può rivelarne convinzioni, interessi, intenzioni, e può inoltre “comunicare dati sensibili” quali “razza, opinioni politiche, convinzioni religiose”, o informazioni relative a salute, vita sessuale o condanne penali: dati che godono di speciale tutela ai sensi dell'art. della Convenzione n. 108 del C. d. E.

Se anche il Consiglio d'Europa si è posto questi problemi, vuole dire che la situazione è tutt'altro che irrilevante, infatti anche se pochi lo sanno, ogni volta che si usa un normale motore di ricerca, i dati della ricerca vengono salvati. I principali motori di ricerca raccolgono poi gli indirizzi IP e tracking cookies che servono loro per registrare i termini di ricerca, l’orario della visita e i link cliccati, informazioni che poi vengono immagazzinate in un enorme database. Queste informazioni vengono poi sfruttate sia a fini statistici, sia commercialmente per proporre prodotti che possano essere in linea con i nostri interessi il che se da una parte ciò è positivo perchè m permette di essere aggiornato su ciò che mi interessa, dall'altro tale tecnica sicuramente comporta anche una violazione della nostra privacy.

E' di questi giorni la notizia che i cittadini americani, con la scusa della lotta al terrorismo, sono stati monitorati costantemente, ma se ciò può scandalizzare ancora più sbalorditivo è il fatto che grazie a meccanismi come il progetto Echelon, che era presente come dispositivo anche in Italia a S. Vito dei Normanni (BR), questo controllo era stato esteso anche a Paesi stranieri e quello che è peggio, come è emerso recentemente, tali informazioni furono utilizzate da molte multinazionali a discapito di altre che nelle gare di aggiudicazione degli appalti internazionali, spesso venivano informate da Paesi “amici”, affinchè per tempo potessero rintuzzare le proposte concorrenti, aggiudicandosi le gare. Tornando ai motori di ricerca essi hanno già accumulato in sordina il più vasto database di dati personali mai realizzato.

Purtroppo questi dati possono finire con troppa facilità nelle mani sbagliate. Si rifletta sui seguenti eventi: Nell’agosto 2006 il mondo on-line ha subito una scossa quando AO.L ha divulgato per errore tre mesi di dati di ricerca aggregati relativi a 650.000 utenti, pubblicandoli nel dettaglio in un database on-line, che potete. consultare anche voi se volete se andate su questo sito https://www.ixquick.com/ita/protect-privacy.html.

Tale fatto è indicativo della portata della questione legata alla tutela privacy, poichè l’indicizzazione operata dal motore di ricerca non è frutto di un procedimento selettivo volontario ma bensì automatico, in quanto i testi vengono indicizzati attraverso l’utilizzazione di un programma che segue i link delle pagine web e consente di individuare tutti i documenti di testo che incontra. Tale indicizzazione potrà inoltre essere completata dai vari gestori dei siti che hanno la facoltà di indicare delle parole chiave (i meta tags) attraverso le quali il programma utilizzato dal motore di ricerca sarà in grado di rendere ancor più completa l’indicizzazione. In sintesi il motore di ricerca può considerarsi un data-base che indicizza i testi presenti in rete attraverso appositi software. A fronte di tali caratteristiche tecniche è opportuno rilevare come i motori di ricerca, consentendo agli utenti della rete di accedere ai più svariati materiali attraverso un reperimento automatico dei documenti ipertestuali, si pongono inevitabilmente al centro di alcune rilevanti problematiche giuridiche.

Di recente il Garante italiano della Privacy è intervenuto proprio in relazione alle informazioni fornite dai motori di ricerca, stabilendo che, decorso un congruo periodo di tempo, non possono più costituire oggetto di indicizzazione informazioni relative a condanne e sanzioni. In particolare la decisione è stata adottata sulla base di un ricorso presentato da un operatore pubblicitario che lamentava il fatto che una sentenza di condanna emessa nei suoi confronti alcuni anni prima, e contenuta nel sito di un Ente pubblico, difficilmente sarebbe stata dimenticata proprio a causa delle indicizzazioni operate dai motori di ricerca che consentivano agli utenti di risalire a tale notizia attraverso il solo nominativo del ricorrente. Il Garante ha stabilito l’obbligo per l’ente di spostare l’informazione sulla condanna in una parte specifica del sito non più indicizzabile dai motori di ricerca, rendendola pertanto ugualmente disponibile, ma sottraendola ad un’eccessiva rintracciabilità da parte dell’utenza.

Un problematica simile è stata da me trattata di recente, avanti il Tribunale di Milano, ma poiché non è stata emessa ancora una sentenza non posso per ora citare le parti, ma solo il caso. Alcuni importanti giornali hanno costituito un data base che funziona come archivio storico a cui tutti possono accedere, perchè è di dominio pubblico, questo servizio è sicuramente importante per le ricerche storiche e sociologiche, purtroppo a tale archivio accedono anche molti motori di ricerca e che succede se per errore viene riportata nel giornale una notizia errata, questa viene ripresa da molti siti e rilanciata, con un effetto devastante sulla reputazione della parte lesa. Quindi è importante diritto all’oblio, ossia il diritto di ciascuno, riconosciuto dal Codice dei dati personali, ad essere dimenticato nella sfera pubblica in ordine a fatti accaduti da alcuni anni. Ma alla luce di questa pronuncia e della normativa vigente, quali responsabilità sono addebitabili ai motori di ricerca in relazione al loro modo di operare nella rete?


A riguardo riporto quanto descritto da un insigne esperto della materia, ovvero il Dott. Marco Masieri che nel sito: http://www.consulentelegaleprivacy.it/approfondimentidett.php?id=112, così si esprime: “In proposito è indubbio che la responsabilità civile e penale si configurerà ogni qualvolta il motore di ricerca ponga in essere una violazione diretta di una norma in relazione all’attività posta in essere (come ad esempio accade nell’ipotesi della violazione di un altro marchio oppure quando svolge nei confronti del pubblico attività finanziaria abusiva).

Si tratta in altri termini della responsabilità che grava su chiunque per fatto proprio. Tuttavia ben più complesso è stabilire quando il motore di ricerca possa rispondere dell’illiceità dei documenti ipertestuali oggetto della indicizzazione effettuata. Sotto tale profilo si può ritenere che il motore di ricerca non possa rispondere dell’illiceità delle pagine web indicizzate poiché a fronte dell’automaticità di reperimento delle informazioni rimarrà necessariamente estraneo all’attività illecita posta in essere da terzi. Tutto ciò trova conferma alla luce del recente decreto legislativo n. 70 del 2003 attuativo della direttiva comunitaria n. 31 del 2000, il quale non prevede a carico dei providers alcun obbligo preventivo di sorveglianza sulle informazioni trasmesse o memorizzate. Del resto in linea generale l’assenza di un controllo nella fase di indicizzazione è complementare al funzionamento stesso del motore di ricerca che per sua natura ha l’obiettivo di offrire agli utenti della rete un’informazione il più possibile esaustiva.

Tuttavia recentemente alcuni dei principali motori di ricerca presenti in rete hanno cercato di introdurre alcune forme di controllo a livello di fase di indicizzazione. In particolare in Germania i grandi motori di ricerca hanno accettato di eliminare dai loro risultati tutti i siti di contenuto illegale adottando tale regola all’interno di un codice di buona condotta redatto dall’associazione di autoregolamentazione volontaria dei servizi multimediali FSM, organismo non governativo nato nel 1997 e legittimato a ricevere i reclami dei navigatori Internet tedeschi in merito a siti a contenuto illegale. Tutto ciò è sicuramente utile, tuttavia è legittimo dubitare che tali tipi di accordo avranno consistente efficacia ove non prevedano un continuo e rapido aggiornamento dei siti da censurare, poiché nulla impedisce ai diversi proprietari dei siti di modificarne i contenuti e le parole chiave per sfuggire alla censura attuata dai motori di ricerca nella fase di indicizzazione.

Sotto altro profilo, diversamente sarà configurabile una responsabilità ove il motore di ricerca consenta, attraverso la propria memorizzazione temporanea, di rendere fruibili all’utente pagine web illecite non più esistenti nei rispettivi siti e dagli stessi rimosse. In tale circostanza, infatti, il motore di ricerca diviene l’unico responsabile del contenuto illecito richiamato. Sotto quest’ultimo aspetto il legislatore all’art. 15 del richiamato decreto ha, infatti, previsto per i providers, che svolgono attività di memorizzazione temporanea, l’obbligo di agire per rimuovere e disabilitare l’accesso alle informazioni che siano state rimosse dal luogo dove si trovavano originariamente o il cui accesso è stato disabilitato o che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione. Pertanto sarà onere del motore di ricerca agire prontamente a posteriori ove venga a conoscenza della illiceità di documenti ipertestuali temporaneamente memorizzati.

In proposito il Presidente del Tribunale di Parigi non ha ritenuto responsabile una società proprietaria di un motore di ricerca per aver inserito tra i siti indicizzati un sito lesivo della dignità e onorabilità di un utente, proprio a fronte del fatto che detta società si è prontamente mossa eliminando a posteriori all’interno del data-base ogni riferimento al sito contestato. Infine, a conclusione dell’esame relativo alle diverse problematiche giuridiche connesse al funzionamento di un motore di ricerca, è opportuno valutare se e quando quest’ultimo possa incorrere nella violazione del copyright relativo ai documenti ipertestuali oggetto di indicizzazione. A tal fine occorre distinguere a seconda del tipo di collegamento (il link) utilizzato dal motore di ricerca. Pertanto ove per rappresentare il link si utilizzi materiale protetto da copyright senza il consenso del titolare si incorrerà nella violazione del diritto d’autore.

Diversamente nessuna violazione sarà configurabile ove il link venga semplicemente utilizzato in quanto collegamento, poiché il contenuto del sito linkato non viene copiato per effetto del link sul sito linkante ma viene copiato soltanto sul computer dell’utente dietro istruzione del browser. In ogni caso, al fine di evitare qualsiasi responsabilità per violazione del diritto d’autore, come espressamente previsto dall’articolo 15 del d. lgs n. 70 del 2003, il motore di ricerca dovrà indicizzare le informazioni senza apporvi alcuna modifica. Dovrà inoltre, secondo quanto stabilito da detta norma, conformarsi alle condizioni previste per l’accesso alle informazioni, conformarsi alle norme di aggiornamento delle informazioni e non interferire con l’utilizzo lecito della tecnologia utilizzata in rete per ottenere dati sull’impiego delle informazioni. In conclusione preme sottolineare che il legislatore nel fissare tali doveri ha pedissequamente tradotto, senza interpretarne il significato, le previsioni contenute all’interno della direttiva comunitaria. Sarà, infatti, difficilmente immaginabile la possibilità di dimostrare che un fornitore, e nel nostro caso un motore di ricerca, si sia o meno conformato alle norme di aggiornamento delle informazioni oppure abbia o non abbia interferito con l’uso lecito della tecnologia.”.
I rischi sopra illustrati si riferiscono a motori di ricerca tradizionali, ma cosa succederà se prenderanno piede motori tipo “Graph Search”, che sta per essere lanciato da facebook.
Secondo alcuni rapporti indipendenti, il programma permetterà di esplorare un deposito di informazioni personali quale quello del social network per consentire le ricerche e lo sfruttamento dei dati (data mining) di un vasto segmento del miliardo di utenti di Facebook. Gli utenti che scelgono l’opzione “pubblico” nel loro profilo devono sapere che stanno per essere esposti alla più vasta platea mai esistita. Quindi questo può essere positivo per promuoversi, ma i rischi di divulgazione non voluta saranno moltiplicati all'ennesima potenza, siete stati avvisati a voi trarne le conseguenze.