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La responsabilità penale del direttore di una testata online

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L’Articolo 57 c.p. che, si riferisce ai reati commessi col mezzo della stampa periodica, prevede espressamente che: “Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale...

 LA RESPONSABILITA’ PENALE DEL DIRETTORE DI UNA TESTATA ON LINE

L’Articolo 57 c.p. che, si riferisce ai reati commessi col mezzo della stampa periodica, prevede espressamente che: “Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo”. Questa norma ci fa venire in mente subito il caso “Sallusti”, in quella fattispecie il Direttore del Giornale è stato condannato penalmente, per non avere vigilato sull’operato di un giornalista suo collaboratore, che a detta dei Giudici avrebbe diffamato terzi. Nel caso specifico il reato in questione attribuito al giornalista è stato quello di diffamazione a mezzo stampa periodica. La diffamazione, è il delitto previsto dall'art. 595 del Codice Penale secondo cui: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro. Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro. Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.
Il combinato disposto delle due disposizioni di legge, sembrerebbe considerare che l’omissione per essere punita deve sottintendere un comportamento colposo del direttore, ma in realtà, salvo rare eccezioni, per il fatto stesso che l’articolo in questione sia stato pubblicato, tale colpa la si dà per presunta, e quindi in carenza di una chiara scriminante, di fatto, il povero direttore può facilmente essere sottoposto anche a più di un procedimento penale, specie nei casi di tirature di quotidiani a larga diffusione. Ora questa argomentazione stride un po’ con il principio che la responsabilità penale è personale e deve essere fondata sulla colpa, quando, nella sostanza, l’applicazione che ne dà la giurisprudenza, finisce per accollare una responsabilità di tipo oggettivo, che finisce per divenire un potenziale monito a chi vuole contrastare i poteri forti. La battaglia è di principio ed ha portato alla discussione di un Ddl specifico in Senato sulla diffamazione, che tuttavia è stato arrestato sul nascere con la bocciatura dell’art.1 (con 123 no e 29 sì e 9 astenuti) avvenuta qualche giorno fa. Un voto che affossa definitivamente il provvedimento, di cui l'art. 1 rappresentava il fulcro. Riteniamo che bene ha fatto il Senato a bloccare un provvedimento che appariva nei fatti peggiore del male, così come riteniamo che bene abbiano fatto i Giudici a condannare Sallusti, perché nella fattispecie, il Direttore non era intervenuto a smentire fatti erronei attribuiti dalla testata giornalistica, in maniera diffamatoria a un Giudice, sebbene quest’ultimo avesse espressamente chiesto tale correzione e sebbene, nel momento in cui questa fu formulata questa richiesta, era oramai stato appurato che i fatti infamanti attribuiti a tale magistrato, erano manifestamente infondati. Questa guerra è apparsa ai più come una lotta tra caste, ma rimane il fatto che a mio parere nessuno debba rispondere di fatti altrui, semplicemente per presunzioni, ma solo in virtù di una colpa provata. Questo excursus era necessario per chiarire che un Direttore di una testata deve sempre stare attento a ciò che volontariamente (ma talvolta involontariamente) autorizza a pubblicare. Attualmente, infatti, non può essere considerata una scusante il fatto che, dati i tempi ristretti a disposizione, un Direttore non è in grado di verificare tutte le notizie di un giornale, spesso composto da numerose pagine e con tirature con frequenza giornaliera. Per questi motivi auspichiamo l’applicazione di una legge meno severa, salvo punire maggiormente i responsabili, ove si dimostri un dolo o una colpa grave di chi non ha vigilato. Immagino, mentre sto scrivendo questo articolo, quanto si preoccuperà il direttore di questa testata on-line, quando lo vaglierà, specie se si tiene conto che è stato redatto da un addetto ai lavori, ma pubblicato nella fattispecie da un Direttore estraneo alla materia giuridica, come spesso accade nei casi in cui un sito tratta materie generalistiche (o specifiche ad altro comparto), considerando che non si può essere ferrati in tutto. Per tranquillizzare il Direttore riporto di seguito quanto stabilito dalla Cassazione penale, sez. V, nella sentenza del 28/10/2011 n. 44126 (in Resp. civ. e prev. 2012, 2, 647), che a riguardo così stabilisce: “Il direttore di periodico on-line non risponde del delitto di omesso controllo ex art. 57 c.p. in relazione al reato di diffamazione aggravata, dal momento che le comunicazioni telematiche non rientrano nel concetto di «stampa»”. Entrando nell’esame della sentenza, la Suprema Corte, nella pronuncia in commento, precisa preliminarmente quale sia la definizione di stampa, ai sensi dell'art. 1 della L. 8.02.1948, n. 47. In relazione a tale normativa: “sono considerate stampe o stampati tutte le produzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”. Fortunatamente per il Direttore telematico, quella citata non è una mosca bianca, ma fa il verso a un'altra sentenza della stessa sezione (Cass. pen., Sez. V, 16 luglio 2010, n. 35511), secondo cui è esclusa la responsabilità del direttore di un giornale on-line, in quanto per potersi parlare di stampa in senso giuridico devono sussistere due requisiti essenziali e, precisamente: “la riproduzione tipografica” e che il prodotto di tale attività sia destinato alla pubblicazione attraverso “una effettiva distribuzione tra il pubblico.” Le pubblicazioni divulgate mediante la rete informatica difettano, di entrambi i requisiti, dal momento che non consistono in molteplici riproduzioni su più supporti fisici di uno stesso testo redatto in originale con la finalità della distribuzione presso il pubblico. Il testo pubblicato su internet, infatti, esiste, quale luogo di divulgazione della notizia, solamente nella pagina di pubblicazione, anche se può essere visualizzato sugli schemi di un numero indefinito di computer e strumenti informatici moderni. Per quanto concerne, quindi, le modalità di diffusione del contenuto del periodico on-line, essa avviene non mediante la distribuzione del supporto fisico in cui è inserito, quanto piuttosto attraverso la visualizzazione del suo contenuto attraverso i terminali collegati alla rete, così come avviene anche per le notizie trasmesse dai telegiornali, che vengono visualizzate sugli apparati privati dei telespettatori.
In sintesi l'art. 57 c.p. sarebbe inapplicabile al direttore delle riviste on-line, in quanto non è possibile ricomprendere detta attività nel concetto di stampa periodica e, parimenti, sussiste un'oggettiva impossibilità del direttore responsabile di rispettare il precetto normativo, il che comporterebbe la sua punizione a titolo di responsabilità oggettiva, dato che verrebbe meno non solo il necessario collegamento psichico tra la condotta del soggetto astrattamente punibile e l'evento verificatosi, allo stesso nesso causale. Quindi i direttori telematici possono stare tranquilli? Per ora sembrerebbe di sì, ma il diritto è una materia soggetta a interpretazioni evolutive e quindi non mi stupirei se già domani intervenga una sentenza dei giudici di legittimità che dica esattamente il contrario o che nel fare una nuova legge “salva Sallusti”, si arrivi all’estensione della responsabilità anche ai Direttori delle testate on-line, ma per ora godiamoci il momento, rammentando tuttavia che, talvolta, le sanzioni civilistiche sono anche peggio di quelle penali, perché nulla impedisce a un potenziale diffamato di chiedere migliaia di euro di risarcimento, finendo così per affossare realmente la libertà di stampa.

A cura dell’Avv. Massimo Colangelo (in redazione)